La scarpa da Trail Running. edizione 2009

Quello sulla scarpa da trail resta uno dei post più visitati di sempre; lo scrissi un anno e mezzo fa (un po’ per il blog, ma soprattutto per il newsgroup it.sport.atletica), ma pare passato un secolo. Lo integro con quanto ho scritto poi su Spiritotrail webzine#4
In coda ho aggiunto un commento attualizzato

Da questo numero, SpiritoTrail inizia una serie di commenti, recensioni e giudizi a proposito dell’attrezzo fondamentale del trail running, la scarpa.
La sensazione che si percepisce tra i trailer è che l’aumento dell’offerta di modelli sul mercato nell’ultimo periodo abbia generato qualche spiazzamento. In realtà, infatti, sotto la rassicurante categoria A5 (quella appunto in cui sono comprese le scarpe da trail) si trova un po’ di tutto, dalla scarpa “da competizione” reattiva, leggera e dalla scolpitura appena accennata a quella super-protettiva con tasselli da fare paura ad un caterpillar, dalle marche più conosciute a quelle appena giunte oltreoceano; non è facile, per niente, scegliere quale sia il modello più adatto alle nostre esigenze o alle nostre caratteristiche. Spesso, essendo il mercato giovane e ancora in espansione, pure il nostro negoziante di fiducia ignora la vera differenza tra di esse e ci propone, magari, la sola marca di riferimento forte delle vendite.
Cerchiamo quindi di analizzare le caratteristiche di una scarpa da trail running. Conoscendone le caratteristiche sarà più facile in futuro sapere cosa cercare, cosa chiedere, quale compromesso accettare.

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Il paradosso dei bastoncini (*)

In piano, usare i bastoncini determina un significativo aumento del battito cardiaco ed un parallelo aumento del consumo energetico, per l’ovvio motivo che aumentano le masse muscolari mobilitate.
Tale aumento di spesa energetica e’ molto publicizzato dai fautori del nordik walking. Tuttavia, in salita, con lo zaino o senza, i bastoncini consentono velocita’ ascensionali maggiori, oppure a parita’ di velocita’ ascensionale, un battito cardiaco inferiore. Il “paradosso del bastoncino” sta tutto qui.

In altre parole, quando e’ che diventa “conveniente” (maggiore velocita’, minore consumo energetico, minor fatica) usare i bastoncini da trekking?
Una serie di studi, di osservazioni empiriche e considerazioni consentono di fare alcune ipotesi.
I bastoncini sono vantaggiosi in salita per due motivi sostanziali:
1. Migliorano l’equilibrio di marcia, evitando oscillazioni del corpo
2. Aiutano le gambe in fase di spinta smussando i picchi di sforzo richiesti ai muscoli delle gambe

Sono meccanismi complessi, ovvero dipendono da molti fattori quali l’abilita’ nello scegliere il punto di appoggio del bastoncino, la tecnica di spinta, la coordinazione, assolutamente indispensabile per ottenere vantaggi percepibili.
Le modalità di trasferimento di parte del peso al terreno attraverso le braccia lo rendono un meccanismo intrinsecamente “lento”: si deve scegliere dove puntare il bastoncino, con che inclinazione, come spingere, in che momento spingere per un alleggerimento del carico, in termini assoluti, del tutto modesto.
Il tutto coordinato con il passo, con l’altro braccio, che puo’ essere in fase o in opposizione, tenendo conto della superficie del sentiero.
Ne consegue che la possibilita’ di usare i bastoncini dipende dalla velocita’ di marcia/corsa (esistera’ una velocita’ limite per la quale non si riesce, fisicamente, a trasferire carico attraverso le braccia).
Questo, oltre che in accordo con l’esperienza e’ in effetti piuttosto famigliare a chi pratica pattinaggio o sci di fondo.
Un pattinatore puo’ scivolare ai 50Km/h: se lo costringiamo ad usare i bastoni, non e’ che fa i 51 Km/h, caso mai rallenta o cade.
E cosi’ pure nello sci di fondo: alle massime velocita’ del passo pattinato, ad esempio in discesa, si puo’ pattinare ma non si spinge con i bastoni.
A livello del tutto indicativo, possiamo definire corsa una andatura superiore agli 8 Km/h (in piano, i piedi si sollevano entrambi, solo un marciatore agonista riesce propriamente a camminare).
A questa velocità, l’uso dei bastoncini e’ proibitivo.
Come abbiamo visto, l’uso redditizio prevede il trasferimento di parte del carico, ma cio’ non puo’ avvenire ad alta velocita’.
Di passo, attorno ai 5-6 Km/h, e’ possibile usare i bastoni.
Ecco quindi una conclusione molto importante, in accordo con l’esperienza: un forte runner puo’ trarre benefici dai bastoni SOLO se la salita e’ di lunghezza tale da costringerlo a camminare, o di pendenza tale per cui la corsa sia pressoché impossibile.
Oppure, se lo stato del sentiero e’ in condizioni da rendere poco efficiente la corsa.
Un esempio notevole in questo senso e’ dato da una gara vinta da Bruno Brunod: la maratona del Breithorn.
Il Breithorn è un facile 4000 tra Svizzera ed Italia, fu organizzata una gara del circuito skyrnning che passava dalla cima (4165 m).
Brunod, costretto ad inseguire Ricardo Meja e Matt Carpenter nei tratti di pura corsa, stravinse sul terreno difficile, a lui più congeniale.
In particolare, dichiaro’ che nei tratti innevati i bastoncini gli consentirono un significativo vantaggio: correre senza, voleva dire scivolare all’indietro ad ogni passo.
In altre parole, il bastoncino, consentiva di alleggerire il piede, che cosi’ non rompeva la coesione dello strato superficiale di neve.
Sempre a livello puramento indicativo, uno skyrunner di vertice puo’ percorrere i 1000 m del chilometro verticale in circa 35 minuti.
La cosa interessante di questo tipo di gara e’ che la velocita’ ascensionale aumenta con la pendenza ma aumenta di poco.
In linea di massima, possiamo dire che con certe pendenze, il tempo dipende solo dal dislivello.
Con queste ipotesi, la velocità media sui percorsi record si aggira si 4.9 – 5 Km/h.
Su percorsi piu’ lunghi abbiano notevoli tratti di corsa.
Questo significa che l’uso dei bastoncini puo’ essere redditizio solo nei tratti in cui si cammina sotto i 5 Km/h, di fatto e’ inutile negli altri tratti.
Questa complicazione, rende poco usati i bastoni da molti atleti, che preferiscono spingere con le mani, in caso di necessita’.
In una gara lunga e per forza di cosa piu’ lenta, i bastoni possono invece diventare decisivi.
Si noti che il vantaggio in termini di equilibrio e’, per gli atleti di vertice, poco rilevante: si tratta di acrobati in grado correre su un filo da bucato, di danzare sulla punta delle spade senza forarsi.
Diverso il discorso per un runner modesto, un ciabattone barcollante che scivola sui sassi.
Il vantaggio per l’aumento dell’equilibrio e di controllo della marcia diventa fondamentale in presenza di carichi rilevanti trasportati, che poi e’ una maniera pomposa per dire “zainone”.
Qui, i bastoncini evitano le oscillazioni, le perdite di tempo, i passi interrotti (micidiali!) e poiche’ le velocita’ sono sempre e comunque modeste, diventa piu’ semplice l’uso del bastone (di passo veloce, bisogna essere coordinati come spadaccini per usufruire dei vantaggi).
E in presenza di carichi, la diminuzione dello sforzo di picco nei muscoli delle gambe e’ molto vantaggioso.
Anche qui, in accordo con l’esperienze, per cui il vantaggio diventa rilevante per carichi notevoli, pendenza rilevante, terreno difficile.

Camminare in piano con i bastoncini, senza carico, non e’ mai conveniente, in termini di efficenza energetica.
E’ pero’ utile, per chi deve smaltire calorie, muovere le braccia,migliorare postura, respirazione ecc.

(*) Apparso sulla mailing list “dead runners society” italiana a cura di Enea Berardi. Pubblicato su licenza Common Creative (come del resto tutto il testo del presente blog) con il permesso dell’autore

la scelta di una scarpa da trail running

Questa guida appare nel newsgroup it.sport.atletica all’interno di una guida più ampia che riguarda la scelta delle scarpe da running in toto redatta dal capitano Gert; il sottoscritto ha curato questa particolare sezione. è probabile che questo post venga in futuro arricchito, completato o corretto grazie alla mia esperienza o grazie ai vostri sempre ben accetti commenti. in coda sarà possibile sincerarsi dell’ultima modifica avvenutaLa stabilità della scarpa è il primo criterio di scelta, e quindi è elemento fondamentale, nei modelli specifici per il trail running: infatti, la varietà del fondo non permette un appoggio regolare e il piede, nel complesso, è sottoposto a carichi di vario tipo e direzione. Proprio la qualità e la quantità degli inserti per regolarne la stabilità coprono il ventaglio di scarpe da trail disponibili sul mercato.
I modelli più leggeri, utilizzabili su fondi non molto tecnici o dagli atleti più veloci o su tracciati brevi (dove comunque per il ritmo di corsa la frazione di tempo di contatto al suolo è ridotta), hanno spesso un inserto antipronazione oltre allo scafo di contenimento della caviglia, non differenziandosi di molto (se non per la scolpitura della suola) dai modelli A4 per la corsa su strada. La stabilità acquista, via via, più importanza sui modelli disegnati per distanze più lunghe, interessando, non soltanto la parte posteriore e interna del piede, ma anche lateralmente e perfino l’avampiede (congiuntamente al sistema di allacciatura).
Taluni modelli possiedono puntali in gomma rigida, o altra materia plastica poco deformabile, per alleviare gli impatti con rocce o sassi.
Anche la traspirazione riveste un ruolo significativo in quanto, specie in gare lunghe, la scarpa deve permettere sia l’evacuazione rapida del sudore sia il drenaggio dell’umidità accumulata transitando su terreni bagnati. Esistono parecchi modelli equipaggiati con la tomaia in materiali traspiranti, ma impermeabili, quali il goretex, o similari: si tratta di un indubbio
vantaggio perché in condizioni di elevata umidità ambientale riescono a mantenere il piede asciutto.
La scolpitura della suola è un altro elemento significativo soprattutto in casi di fondo poco stabile e poco compatto. La disposizione dei tasselli di solito è atta ad elevare l’attrito in discesa nell’impatto della zona tallonare e in maniera opposta nella zona dell’avampiede per permettere una maggiore presa, e successiva spinta, durante le salite più ripide. Tassellature più o meno accentuate o “arpionanti” possono meglio figurare su tipologie diverse di terreno. Lo stesso dicasi per la mescola della suola: una tipologia più morbida può essere preferita su terreni più duri dove possa meglio aderire.
Tutti i modelli da trail dispongono di un elevato sistema ammortizzante e di protezione dall’impatto al suolo. Il peso dell’atleta o varie patologie esistenti possono influire sulla scelta. Come regola generale, comunque, l’ammortizzazione può rivestire una fattore secondario rispetto alla stabilità; il terreno, infatti, dove non sia roccioso, è in grado di assorbire una parte,più o meno significativa, degli urti da impatto del piede. Quasi su tutti i modelli e le case di produzione utilizzano comunque inserti ammortizzanti quali cuscinetti di aria o di mescole dall’alto assorbimento delle energie da impatto.
L’allacciatura è, infine, importante perché rende solidale il piede con la scarpa in uno sport in cui è necessario “sentire” l’appoggio, l’attrito del
fondo e l’equilibrio: in una parola la stabilità. Inoltre un serraggio perfetto impedisce slittamenti del piede all’interno della scarpa evitando fastidiose vesciche.
Sistemi di allacciatura rapidi possono migliorare e velocizzare cambi di calze o pulizia di detriti accumulati dopo molte ore di corsa e quindi dapreferire in ottica ultra.

Vari modelli ibridi di scarpe possono essere confusi con quelle da trail, come scarpe da trekking leggero o hiking o nordic walking. Oltre a farsi consigliare, in generale, da un esperto si potrebbe notare che una scarpa da trail ha una suola meno rigida rispetto a quelle studiate per le camminate. La struttura che comprende suola e intersuola deve permettere la
naturale torsione del piede durante la corsa.
Un ultimo sguardo alla leggerezza della scarpa: sebbene esistano modelli estremamente leggeri (adatti comunque a trail-sky race brevi o atleti di consumata abilità) va detto che non è necessario perseguire la leggerezza a tutti i costi rinunciando, magari, in ordine di importanza, a stabilità, protezione, ammortizzazione o grip. Il trail running spesso richiede la corsa con zaini dal peso nell’ordine di qualche chilo e prevede ampi tratti di marcia vanificando l’influenza del peso delle scarpe.

Attenzione alla misura in fase di acquisto: compratele della misura leggermente più grande (almeno mezzo numero fino, addirittura, ad una misura), questo può prevenenire fastidiosissime rotture delle unghie nelle discese, fidatevi!

In commercio, concludendo, la scelta è ampia e varia: è bene, perciò, che si valuti a fondo quale sia il modello più idoneo a soddisfare i bisogni personali. Si va, infatti, da modelli ibridi adatti a sentieri facili, collinari e con sezioni anche in asfalto fino a modelli appositamente concepiti per particolari terreni o gare (brevi o lunghe distanze, sentieri accidentati o di alta montagna, irregolarità o predominanza di rocce lisce o, infine, tratti con corsi d’acqua, neve, ghiaccio o fango).
Chiudo, davvero, con un ultimo consiglio: una scarpa da trail, quanto più tecnica, richiede adattamento specie se abituati nel corso degli anni alle classiche scarpe da running.

attendo critiche e consigli…

A contorno aggiungo un post sullo stesso argomento e scritto qualche tempo dopo.

Merrell Overdrive waterproof

Da tempo necessitavo di una scarpa un po’ resistente all’acqua. le mie vecchie orizaba sono già belle e consunte e ormai giacciono impolverate nel “cimitero degli elefanti” in cantina.
La merrell produce quest’ottima, ma poco conosciuta in Italia, scarpa in tre modelli: la regolare, leggera e ottimamente traspirante, la waterproof, e la goretex XCR. la differenza vistosa tra queste due è l’accentuata traspirazione del vapore acqueo interno per quella che utilizza il famoso goretex.
purtroppo il negozio era sprovvisto di questo modello. e gli altri modelli in goretex riguardavano l’arcinota xa pro 3d.
un po’ voglia di cambiare (ma ti resterò fedele…), un po’ allettato dal prezzo della merrell (70 euroni contro i 130, scusate se è poco), ho provato la overdrive.

Iniziamo dai punti forti:
– la suola; che è prodotta da vibram. e infatti si sprecano le tipologie di mescole utilizzate (ben 4), con un grip fantascientifico e una scolpitura da trattenere ettolitri di fango…:)
– la stabilità della scarpa è affidata ad un inserto plantare importante che dalla zona mediale arriva fino alla caviglia. la resistenza alla compressione è più forte nella zona interna del piede (anti-pronazione). l’inserto pur essendo molto flessibile determina una stabilità elevatissima, lo penso in funzione di terreni dove è difficile stare in equilibrio (fango, sabbia e sconnesso in genere)
– sostegno della caviglia. la caviglia è protetta da uno scafo inamovibile e indeformabile con un’estensione, del tutto comune a molte altre scarpe da hazardous trailer, che va a connettersi al sistema di allacciatura.
– tessuto esterno. veramente “waterproof”, l’ho immerso per due minuti in una bacinella di acqua e non è filtrato nulla. sarà forse poco traspirante, ma questo lo dirò alla prossima uscita

il punto negativo, ma poco incidente, imho, è il peso intorno ai 420g per il mio numero (45). e se vogliamo togliere il pelo dall’uovo anche una chiusura rapida non efficientissima che ha bisogno di qualche secondo in più di attenzione ed esperienza.

da provare anche la versione regular, che ha i pregi della waterproof uniti a leggerezza e traspirazione.

tutto sommato una scarpa che ha il rapporto qualità prezzo decisamente elevato; forse non potrà competere contro le star salomoniche (la dea XA pro 3d, per dirne una), ma la sua porca figura la farà di certo. domenica primo test di 35 km. stay tuned.

Salomon XA pro 3d

edit on 6th october ‘007:
dopo meno di sei mesi, la xa pro è giunta al culmine. le fatiche sopportate alla porte di pietra hanno divelto il grip della suola dallo chassis rigido. così un po’ per celebrare la migliore scarpa che abbia mai avuto ne descrivo pregi e difetti modificando questo vecchio post sicuramente un po’ limitato alla fase dell’acquisto.

passiamo in rassegna i pregi della scarpa:

  • la leggerezza, la mia versione NON in goretex, risulta bella leggera, tutte le sue caratteristiche concentrate in poco peso. indossata pare assente!
  • tomaia altamente traspirante. usata in clima ultra-afosi come in situazioni extra umide. il sudore è evacuato velocemente. un po’ meno velocemente si evacua l’acqua raccolta su fondi bagnati (come erba o fango).
  • stabilità. il sistema di allacciatura che è insuperabile (veloce, comodo e difficilmente allentabile durante la corsa) crea una struttura scarpa molto solidale che rende ininfluente l’assenza di uno scafo classico in zona tallone-caviglia. a dare stabilità a tutta la scarpa ci pensa la struttura di intersuola chiamata “advanced 3d chassis”: un inserto rigido che corre dal tallone fino all’avampiede.

il neo:

  • il grip e la scolpitura della suola. non è un granché il sistema contagrip qui è abbastanza fallace. non è così su altri modelli (come la mia precedente xa comp). troppo distanziato e poco scolpito denota tutta la sua scarsezza su terreni, specialmente in salita, dove lo strato viscido non spesso appoggia su un fondo compatto/roccioso: tipico in situazioni dove già qualche decina di trailer hanno già lasciato le impronte e reso scivoloso l’impatto al suolo. ecco qui la xa pro 3d è una frana. specie se non è nuovissima.

In definitiva una scarpa adattissima a fondi irregolari anche impegnativi anche fangosi, ma solo dove lo densità del fango sia sufficiente a trattenere la spinta/atterraggio.

Salomon Trail Comp 2

Questa scarpa della salomon è sicuramente un ibrido tra una A4, pesante e fortemente stabilizzata, con un discreto grip nella suola. l’eccellente flessibilità della scarpa ne fa un’ottima compagna per quei trail, sicuramente asciutti, brevi con terreno non molto tecnico.
La stabilità è buona, con un deciso sistema anti pronazione e un bello scafo tallonare. allacciatura rapida salomon.
un difetto è l’eccessiva libertà del piede nella zona meta-tarsale. il contenimento è pressoché nullo e non è raro infatti che avvengano delle rotture sul tessuto esterno.
la scarpa è comunque buona se utilizzata propriamente, ovvero dove il terreno sia uno sterrato semplice, strade forestali ecc.

forerunner 205

lo confesso, sono sempre stato attirato dalla tecnologia e quindi, anche stavolta, non ho potuto resistere più del dovuto all’acquisto del nuovo gingillo. due settimane di attesa e ieri sera il primo test.
positivo? di più, superlativo. probabilmente è la prima volta assoluta che ho speso i soldi con soddisfazione tante sono le innovazioni che questo “attrezzo” comporterà per il mio allenamento. e per ora l’ho usato solo in versione dumb (cioé “allocchi”): tasto start-tasto stop. non vedo l’ora di provare le millanta funzioni…

Mythos Axeler: buona la prima!

sabato mattina con Enrico “ricardo rocha” e pargoli uniti allo sport club di martinengo. dopo fredda analisi dei costi (soprattutto) e delle mie esigenze ho acquistato la suddetta scarpa.
al pomeriggio già test semiserio. 1h20′ di CLS su tracciato in asfalto poco ondulato.
che dire? beh, la scarpa è molto reattiva, secca nell’attacco al suolo e buon ritorno nello stacco. ma sarà vero quel “+2cm ogni passo” per il quale il foglietto illustrativo si inorgogliosisce?